Accendiamo i riflettori dei media sulle persone che meritano

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“Ogni giorno che passa vengono fuori notizie avvilenti che contribuiscono ad affossare sempre più quel poco di fiducia che è rimasta”, è il commento amaro di un lettore, che chiamerò Mario, alla notizia dei parlamentari non rieletti ma facilmente ricollocati in fondazioni, authority, enti e organismi pubblici di vario tipo. Lo riporto virgolettato e con questo apro il mio blog sulle pagine de L’Huffington Post, salutando colleghi e lettori, con la proposta di essere una finestra che, se punta il riflettore su questo male oscuro degli italiani, è per non fermarsi lì ma per esplorare le possibili cure, le vie d’uscita dal tunnel della sfiducia.

Il neo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’atto del giuramento, ha sottolineato che occorre “scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione”. Ma quel patto, nell’animo di Mario, si è già frantumato. Dopo il passare dei mesi a cercare un lavoro retribuito. Dopo aver collaborato anche con chi, al primo stipendio, ne ha omessi troppi altri. Dopo aver ricevuto decine di “è un periodo difficile, sai c’è la crisi”. Ti guardi intorno e d’un tratto ti sembra di giocare una partita truccata. La crisi è una strana creatura ad intermittenza che appare per alcuni ed è trasparente per altri. Quel patto sociale su cui dovrebbe fondarsi la Costituzione sta scricchiolando pericolosamente.

Quando a venti anni, a trenta, a quaranta, a cinquanta e oltre, quasi nessuno crede di poter avere un domani più soddisfacente di oggi, quando la fiducia in un futuro migliore langue esanime nella stragrande maggioranza di ogni singolo cittadino, è veramente l’ora si suonare l’allarme. Il rischio reale è che si spenga definitivamente la spinta propulsiva dei singoli a conquistarsi il proprio pezzo di soddisfazione, la cui sommatoria è la capacità di ripresa della società nel suo insieme. È questo il senso di frustrazione sottolineato dal nostro lettore, alla notizia dei tanti ex parlamentari che sono stati catapultati fuori dalle aule in questa legislatura ma prontamente risistemati. La sensazione diffusa è che per loro la crisi non pesi affatto e non intralci la riuscita di quel percorso che per troppi italiani è diventato ormai quasi impossibile: ritrovare un’occupazione soddisfacente. Perché, va detto, non sembra che questi ex onorevoli abbiano dovuto fare il passo del gambero scendendo a patti con incarichi di retrovia. Tutti così bravi? Lo speriamo, perché ormai per un cittadino qualunque, anche per fare le consegne a domicilio, è richiesto minimo la laurea ed un inglese fluente!

Quando il livello del carburante nel bacino della fiducia collettiva è così basso, anche i migliori intenti di riforma non ce la fanno a riaccendere il motore della ripresa. L’humus collettivo in cui si inserisce l’iniziativa politica è un elemento fondamentale che può decretarne il successo o il suo completo fallimento. Su questo anche l’attuale governo, guidato da Matteo Renzi, deve riflettere a fondo. Occorre individuare con urgenza una correzione di rotta.

È vero, in tempo di crisi la scarsa disponibilità di risorse economiche mette a dura prova la possibilità di dare risposte soddisfacenti. Tuttavia abbiamo una grande risorsa immediatamente a disposizione, la potenza del messaggio mediatico che insieme è divulgazione, racconto dello status quo, ma è anche meccanismo premiale in grado di valorizzare e promuovere le capacità dei singoli in termini di fama e riconoscimento collettivo.

Con l’iniziativa dell’Appello Donne e Media, che ho promosso a partire dal 2009, grazie alla campagna web del quotidiano key4biz, giro l’Italia in lungo e in largo. Quante risorse umane pazzesche incontro, delle quali non sento mai parlare in televisione, anche in Rai che è la tv pubblica, o sui giornali, né mai vedrò in pubblicità come modello da emulare. Scienziate, ricercatori, avvocati, scrittrici, insegnanti, studenti, dirigenti di pubbliche e private imprese che ogni giorno combattono e vincono tra mille difficoltà opposte dalla crisi: un mondo rigoglioso di esperienze e talento che varrebbe ben la pena raccontare ai giovani, e non solo, per mettere in luce la straordinaria capacità diffusa sul nostro territorio, in tutti i settori.

Questa capacità non può essere così trascurata, direi soffocata, dai mezzi di comunicazione, a vantaggio di una profusione di trasmissioni a base di pacchi, di isole con sedicenti famosi, di talk show con il solito giro di esperti, gli stessi. Dove sono tutti gli altri? Dove sono le donne, gli uomini, i giovani che nel nostro paese vivono, crescono e si impegnano in tutti i settori della società? Dimenticati, omessi, azzerati.

È un modo ulteriore in cui si rischia di spezzare definitivamente quel patto sociale sancito dalla Costituzione. Questo è un nodo centrale con cui chi guida il paese può dimostrare una fondata volontà di ripresa: riaccendere i riflettori sull’eccellenza della normalità e provare ad invertire lo schema dei modelli che escono vincenti attraverso il racconto mediatico. Chi ha competenza, al posto di chi ha solo le giuste amicizie; chi analizza, al posto di chi urla; chi propone, al posto di protesta e basta; chi si impegna, al posto di chi cerca solo scorciatoie.

I contenuti che viaggiano nei media hanno una potenza ormai cresciuta in via esponenziale grazie alla convergenza tecnologica, potendo contemporaneamente balzar fuori dai diversi terminali di cui siamo in gran parte dotati, in ogni momento della nostra giornata. Dunque, l’utilizzo dei media, nel senso dei contenuti, può essere uno strumento per far ripartire l’economia? Anche l’intrattenimento, o i talk show, i telegiornali possono determinare quanti futuri imprenditori, ricercatori o nobel avremo in futuro? Sicuramente possono dare un valido contributo per riallacciare il successo al merito, un binomio ormai spezzato nell’animo degli italiani.

È ora di cambiare rotta e puntare i riflettori su tutte le persone delle quali val la pena parlare in tv e nei media. A cominciare dalla Rai, la tv pubblica dei cittadini. Noi ci siamo.

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