Rai metafora dell’Italia: è ora di far emergere il merito sommerso e creare una governance efficace

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La Rai è da sempre la metafora del nostro paese. Capitale umano che fatica ad emergere, meccanismi decisionali tortuosi, risorse non sempre allocate nella direzione più produttiva.

Il governo ha avviato il dossier per la riforma che ci dovrebbe condurre alla Tv pubblica del futuro. Si discute soprattutto di governance, con tutte le complessità del caso che costringono a continue limature per mediare con le diverse sensibilità. Nel prossimo consiglio dei ministri è probabile che ciò accada nuovamente.

Forse varrebbe la pena ribaltare i termini della questione. La scelta sulla governance sarebbe più semplice se solo si partisse da una domanda: quale servizio pubblico televisivo e multimediale vogliamo per l’Italia nel prossimo futuro? Su quale “missione” puntare, per condurre l’azienda dritta dritta verso un recupero di competitività, dentro e fuori i confini nazionali?

Occorre individuare prima di tutto l’idea forte attorno alla quale costruire tutto il resto, compresa la ridefinizione della governance, i criteri di nomina, la suddivisione delle reti. Quella idea forte con la quale convincere in primo luogo gli italiani che varrà la pena nuovamente pagare il canone perché Rai vuol dire qualcosa di diverso, riconoscibile, irrinunciabile. Il premier, Matteo Renzi, ha espresso l’intento che il consiglio di amministrazione smetta di essere il luogo di “dibattito sulle nomine” ma diventi la vera “fabbrica delle idee aziendali”. Sembra la strada giusta. Ma cosa fabbrichiamo?

Questo è il punto. Diciamo ai contribuenti che cosa si vuole mettere in cantiere.Quello di cui si sente la mancanza è una proposta chiave attorno alla quale catalizzare l’attenzione di tutti, da coloro che devono elaborare la riorganizzazione manageriale, agli autori, ai registi, ai giornalisti, ai conduttori, ai tecnici, alla politica e, soprattutto, ai cittadini.

Ecco 5 parole-chiave che potrebbero aiutare a sbrogliare la matassa.

Merito. È il tema dei temi. Il servizio pubblico di oggi può vincere la sua sfida, e quella del paese, se saprà riaccendere i riflettori sul merito. Far emergere i talenti sommersi, offuscati e rimossi dai mezzi di comunicazione, è una scommessa politica, economica, culturale, umana. È indispensabile sconfiggere l’alienante sensazione che induce troppi a darsi per vinti perché tanto “la partita è truccata”.
Dove sono gli uomini, le donne, i giovani, gli eroi sconosciuti che si impegnano ogni giorno, affrontando le difficoltà opposte dalla crisi? Rimossi dai mezzi di comunicazione a scapito di modelli di riferimento francamente riduttivi, quando non pacchiani o beceri. Occorre nutrire l’immaginario collettivo con una gamma più vasta e plurale di esempi da emulare.

Media e progresso sociale sono un binomio sempre più inscindibile. Se Rai vuole ritrovare se stessa, in un riconoscibile ruolo di “servizio pubblico”, è indispensabile che propaghi i codici selettivi del merito a macchia d’olio su tutte le componenti dell’azienda, fino a stilare una lista ben nutrita di “esperti opinionisti” in ogni settore, uomini e donne, per andare oltre alle solite presenze, sempre le stesse, come se l’Italia fosse tutta lì. Anche l’ospite cui dar la parola, in un qualsiasi tipo di programma, è una scelta editoriale. Aprire le maglie della partecipazione alla società dunque, se davvero si vuol dare la sensazione che la tv pubblica sia il servizio di tutti i cittadini.

Creatività per competitività. L’Italia dimostra che quando puntiamo sulla creatività, sappiamo ancora dire qualcosa di significativo che sa imporsi sui gusti e sui mercati mondiali. L’Expo 2015 è una delle più grandi opportunità per rilanciare il sistema produttivo nazionale. Sappiamo essere creativi in molti settori, oltre a quello indiscusso del cibo. E quale altro ambito se non quello che in più larga misura contribuisce a costruire l’immaginario collettivo? Si, proprio il settore audiovisivo e multimediale, multicanale e multipiattaforma. Vale a dire tutta quell’immensa quantità di input che ogni giorno penetrano dai diversi apparecchi tecnologici nei nostri percettori, in ogni momento, con un effetto moltiplicatore, virale, che è sotto gli occhi di tutti. È evidente che la Rai del futuro dovrà ripartire da questa consapevolezza per individuare il ruolo sul quale intende misurarsi.

Contenuti. La tv pubblica potrebbe diventare concretamente la “fabbrica delle idee”, il nuovo centro di creatività permanente che funga da volano anche per gli altri settori dell’audiovisivo. Centri di formazione, scuole di scrittura e sceneggiatura, nuovi linguaggi, per essere anche noi protagonisti, insieme ai grandi ideatori che dominano i mercati globali, del modo di fare intrattenimento, informazione, approfondimento, cultura. È l’industria dell’immaginario e noi siamo figli di… Caravaggio, Giotto, Leonardo, Michelangelo, Botticelli, e di grandi artiste dimenticate dai manuali di storia dell’arte, come Marietta Robusti, Lavinia Fontana, Giovanna Garzoni. Rimettiamo in moto la “fabbrica della creatività”. Non trascurando il grande contributo femminile, troppe volte svilito, che proprio la tv pubblica potrebbe sapientemente rimettere in gioco.

Donne. La Rai del futuro, così come l’Italia, vincerà la sua scommessa di credibilità e competitività solo se saprà far riemergere il patrimonio femminile. Da autrice della prima riforma di genere in 60 anni di Rai (inserita nel Contratto di servizio dal 2011, e presentata proprio in questi giorni dal governo alle Nazioni Unite nel dossier per la Commissione sullo stato delle donne) penso che un immaginario collettivo con un racconto più realistico e plurale delle donne sia un motore straordinario di ricchezza per tutta la società. State storcendo il naso, pensando alle “solite rivendicazioni femminili”? Rispondo con novemila miliardi di dollari all’anno: è la perdita nel mondo, secondo un recente studio del Fmi, per effetto di tutte quelle donne e ragazze che devono accontentarsi di una soluzione di ripiego, rispetto al loro talento. Concordo con Christine Lagarde: in un mondo con così tanto bisogno di crescita, le donne possono dare un contributo economico forte se solo hanno di fronte a sé pari opportunità. Il servizio pubblico dovrà mostrare di saper giocare questa carta con molta, molta più convinzione attuando a pieno la policy di genere che ha siglato su iniziativa dell’Appello Donne e Media.

Lavoro. Il servizio pubblico non può dare la sensazione che il problema più bruciante sulla pelle degli uomini, delle donne e dei giovani, e sulla loro dignità, non sia centrale nella narrazione di una tv che vuole incontrare più forte consenso, riconoscibilità.

Giovani. Quanto stanno lontani da Rai? Inutile sciorinare i dati numerici, la questione è politica. Non è sufficiente, e appare anche riduttivo, riavvicinare l’audience dei più giovani intercettandoli solo in determinati settori, quali canto, ballo, cucina, su cui i talent puntano l’attenzione. Questo spazio che animo su L’Huffington Post nasce proprio da tale considerazione: quanti premi nobel, quanti Leonardo 2.0 avremo in futuro, dipenderà anche dagli input culturali che saremo in grado di diffondere attraverso i mezzi di comunicazione, da come si ridefiniranno i modelli di riferimento. E Rai ha molte potenzialità da spendere.

Fiducia. È il collante per le parole-chiave: con idee e programmi creativi, formativi e incentivanti, riaccendere la fiducia di adulti e giovani in un futuro migliore, in cui ognuno possa cogliere la propria chance, a patto di meritarlo.

In vista del workshop in cui la rete che sostiene l’Appello Donne e Media illustrerà una proposta articolata, raccogliamo i vostri commenti e suggerimenti.

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