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Siamo ad un passo dalla riforma che condurrà Rai, la Tv dei cittadini, verso la sua nuova era. È quanto mai necessario che tutti, addetti ai lavori e non, riflettano su quale Tv pubblica vorremo avere concretamente, dopo i cambiamenti che ci accingiamo a varare. In questi ultimi giorni abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto sulla Rai che verrà. Si è parlato di nuova governance, di Ray Way, di quale metodo scegliere per proporre i cambiamenti, se in parlamento o con un decreto. Ma il punto cruciale è quale tipo di tv pubblica immaginiamo per il futuro?Quale informazione, intrattenimento, fiction, vogliamo vedere sui canali che, almeno in quota parte, continueranno ad essere finanziati con il canone?
Immaginiamo una grande rete di autostrade su tutto il territorio nazionale e ciò rappresenta Ray Way con le sue torri di trasmissione. Immaginiamo che tale rete abbia la più efficiente struttura manageriale, e questo riguarda la scelta sulla governance. Se poi non abbiamo le macchine, cioè i contenuti audiovisivi, in grado di viaggiare sulle autostrade ma dobbiamo importarle dall’estero perché non abbiamo le strutture per produrle, che ne facciamo delle reti e della governance?
Ecco, questo è il tema a nostro avviso centrale per ridisegnare la Rai del futuro: un profondo ripensamento che punti i riflettori sulla creatività e sulla produzione di contenuti competitivi, attraenti ed esportabili. L’ambizioso obiettivo che il governo si è posto è che la nuova Rai svolga il ruolo di “riferimento culturale in Europa“. Bene, a chi non piacerebbe tornare ad essere protagonisti? Ma allora assume un’importanza dirimente l’altra sfida annunciata, quella di “riuscire a esportare sistematicamente e non per caso”. Questo è il target primario attorno a cui, secondo noi, dovranno convergere le decisioni che porteranno a ridefinire sia la nuova governance sia, soprattutto, i nuovi contenuti che l’azienda dovrà mettere in campo.
Il premier, Matteo Renzi, preannuncia che Rai debba giocare il ruolo di “grande motore dell’identità educativa e culturale del paese”. Ma diciamo la verità. Gli italiani, le italiane, le donne, gli uomini, i giovani, si riconoscono ancora nella tv pubblica? A noi sembra che, tolte alcune punte d’eccellenza, facciamo sempre più fatica a distinguere i programmi Rai da quelli delle altre emittenti commerciali. Molto probabilmente, anche a ciò è imputabile l’allontanamento dal canone, sentito sempre più come una tassa inutile. Sappiamo che il terreno su cui ci si dovrà confrontare è un mercato complesso, quello dei servizi audiovisivi che viaggiano su diverse piattaforme, in cui Internet, Google, Netflix, concorrono sempre più aggressivamente. Appare evidente, quindi, che la partita più importante per recuperare competitività, dentro e fuori i confini nazionali, si giocherà soprattutto sui contenuti che sapremo produrre e la scelta sulla governance diventa strumentale al conseguimento di tale obiettivo.
Su questo l’azienda deve ripensare se stessa, valorizzando al massimo il suo grande patrimonio, tecnologico e professionale, recuperando il terreno perso in questi ultimi anni. Informazione, intrattenimento, talk show, fiction, tutta la produzione dovrà essere improntata all’obiettivo di riconquistare posizioni nel mercato globale. Abbiamo mai esportato un format di intrattenimento?
Quanti ne importiamo? Può la Rai rafforzare il sistema di produzione creativa, anche al suo interno, visto le potenzialità che ha? In questa direzione sarebbe anche ipotizzabile una riqualificazione e un riposizionamento delle migliori professionalità che oggi rischiano di essere tagliate fuori dalla riorganizzazione in corso d’opera. Modernizzare e rendere più competitivo il servizio pubblico vorrà dire anche saper riaccendere l’attenzione sul merito, dentro e fuori l’azienda. Il presidente della commissione parlamentare di vigilanza, Roberto Fico, ha fatto esplicito riferimento a “parametri specifici di valutazione” per i curricula dei candidati che dovranno essere scelti nel nuovo cda dell’azienda.
L’Appello Donne e Media, di cui sono promotrice, ha posto chiaramente la rilevanza della questione del merito nell’audizione in Vigilanza dello scorso anno. Rappresentiamo la rete delle migliaia di donne e uomini, tra singoli, rappresentanze professionali, associazioni nazionali e internazionali, che attraverso la campagna web lanciata dal quotidiano key4biz è riuscita ad imporre all’agenda politica la prima riforma di genere del servizio pubblico. Dal 2011, grazie alle adesioni che si sono moltiplicate in rete, siamo riusciti a far introdurre nel Contratto di servizio pubblico, vale a dire la “carta che sancisce i doveri della Rai”, 13 impegni per l’azienda a trasmettere “programmi che rappresentino la pluralità dei ruoli che la donna svolge nella società, rispettandone la dignità umana, culturale e professionale”. Un caso di e-governement a lieto fine che varrebbe la pena approfondire nei vari dibattiti che si terranno per le consuete celebrazioni dell’8 marzo.
Ma la strada per l’effettiva realizzazione degli obiettivi che abbiamo posto è ancora lunga e passa dalla volontà che avremo di rimettere seriamente al centro dell’attenzione le capacità di tutte le persone, uomini e donne, che nel nostro paese si impegnano ma restano sommerse e dimenticate dalla società e dai mezzi di comunicazione. Ripensare una Rai più forte e competitiva, in grado di esportare nuovi contenuti in Europa e a livello globale, è una sfida complessa che si può vincere partendo soprattutto da qui.
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